L'origine della violenza contro le donne

16.02.2015 14:15

Lynn Segal è pro­fes­sore di Psi­co­lo­gia e di Studi di Genere a Bir­k­beck Col­lege dell’Università di Lon­dra. Il suo libro “Straight Sex. Rithin­king the Poli­tics of Plea­su­res” (Sesso etero. Ripen­sare la poli­tica dei pia­ceri) è con­si­de­rato una pie­tra miliare della sag­gi­stica femminista.

In vista della sua ripub­bli­ca­zione, Segal è stata inter­vi­stata dal Guar­dian. Nel libro si dis­so­ciava dall’idea che gli uomini sono nemici, che la vio­lenza nei con­fronti della donna sia con­na­tu­rata al loro genere. Nell’intervista riaf­ferma: “Non cre­devo e non credo che ci sia una rela­zione natu­rale tra uomini e vio­lenza, che le donne siano più ‘carine’. Anche loro pos­sono essere violente”.

Nelle rela­zioni di desi­de­rio, che sono com­pli­cate, le donne pos­sono essere vio­lente come gli uomini. I tempi, i ritmi, le moda­lità espres­sive e le esi­genze affet­tive degli amanti non si accor­dano in modo sem­plice (la dif­fe­renza muove il desi­de­rio, ma può entrare in con­tra­sto con l’intesa). La libertà di sce­gliere (che rende pos­si­bile l’apertura) può con­trad­dire il pri­vi­le­gio donato alla per­sona scelta (che rende più intima l’esposizione). Inol­tre, per poter desi­de­rare si deve rispet­tare l’oggetto amato, ma anche non rispet­tarlo, in parte.

Ucci­diamo sem­pre den­tro di noi, par­zial­mente, la libertà di ciò che amiamo, e accet­tiamo di farci ucci­dere nella nostra libertà. L’amore è rischioso e può sfo­ciare nella delu­sione, nel ran­core, nell’odio e nella vio­lenza. Di ciò nes­suno, uomo o donna, è immune.

Nella vio­lenza affet­tiva, in cui l’amore può tra­sfor­marsi, i due sessi sono pari. Esi­ste, non­di­meno, una vio­lenza, che eccede quella cor­re­lata alla rela­zione di desi­de­rio, in cui gli uomini primeggiano.

Invi­si­bile nella sua essenza, è di deri­va­zione sociale e non costi­tu­ti­va­mente asso­ciata al genere: cor­ri­sponde alla per­ver­sione delle rela­zioni di desi­de­rio (che sono legate al coinvolgimento/godimento pro­fondo e libe­ra­to­rio) in rela­zioni di potere (che con­trag­gono e irri­gi­di­scono la mate­ria viva della soggettività).

Il pri­mato tri­ste dell’uomo in que­sto campo di vio­lenza molto più distrut­tivo, è dovuto all’organizzazione psi­co­cor­po­rea della sua ses­sua­lità: meno destrut­tu­ra­bile e sciolta di quella della donna, è più omo­ge­nea alla strut­tura del potere che se ne impa­dro­ni­sce – ricom­pen­sando l’uomo con un pri­vi­le­gio impro­prio che lo dan­neg­gia come oggetto desiderante.

La vio­lenza asso­ciata ai rap­porti di potere che sosti­tui­scono i legami ero­tici con la vita (nutren­dosi delle loro sven­ture e cata­strofi), non mira in sé alla distru­zione mate­riale dell’oggetto desi­de­rato, per­ché pro­muove soprat­tutto, silen­zio­sa­mente, l’immobilità/alienazione psi­chica (che col­pi­sce prima i potenti e poi i sot­to­messi, più gli uomini che le donne). La sua estrin­se­ca­zione come aggres­si­vità fisica maschile, ha prin­ci­pal­mente la fun­zione incon­scia, che sovra­de­ter­mina l’azione indi­vi­duale, di annul­lare il coin­vol­gi­mento con­ver­ten­dolo in ecci­ta­zione, che non va in pro­fon­dità, ma diventa ener­gia moto­ria, sca­ri­can­dosi all’esterno. Sba­raz­zarsi di ciò che è intenso e pro­fondo, con un atto che si dis­so­cia dal sen­tire, intro­verte la sog­get­ti­vità e rin­forza l’alienazione.

Quando l’alienazione rag­giunge dimen­sioni estreme, l’uomo uccide la donna, oggetto (poten­ziale) del suo desi­de­rio, ucci­dendo, in primo luogo, la parte fem­mi­nile di sé, e diventa un morto vivente. L’emancipazione delle donne è in rotta di col­li­sione con il potere (che è senza sesso) e nella misura che esso si appro­pria del loro oggetto di desi­de­rio, rischiano (come dice Segal), che in ogni avan­za­mento che fanno, il ter­reno sci­voli sotto i loro piedi.

di Sarantis Thanopulos, ilmanifesto.info, 6 febbraio 2015

https://ilmanifesto.info/lorigine-della-violenza-contro-la-donna/